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Critica della Ragion Pratica

Sito: Meta-Apprendisti
Corso: Apprendisti Filosofi
Libro: Critica della Ragion Pratica
Stampato da: Utente ospite
Data: lunedì, 6 maggio 2024, 08:55

1. Introduzione

La Ragione serve a dirigere non solo la conoscenza ma anche l'azione. Accanto alla ragione teoretica abbiamo anche una ragione pratica.

Il titolo dell'opera NON è Critica della Ragion Pure Pratica, perché nella sua componente pratica la Ragione non deve essere criticata nella sua parte pura (in quanto obbedisce, come vedremo, a una legge universale) ma solo nella sua parte pratica, cioè legata all'esperienza.

Per quanto attiene alla parte "pura" della Ragione Pratica Kant è convinto che anche essa (come nel suo uso teoretico) obbedisca a una legge etica assoluta, slegata cioè dall'esperienza.

2. Dottrina dei principi

Kant distingue i principi pratici, ossia le regole che disciplinano la nostra volontà, in massime e imperativi:

  • la massima è una prescrizione di valore puramente soggettivo
  • l'imperativo è una prescrizione di valore oggettivo

Gli imperativi a loro volta si dividono in ipotetici e categorici

  • gli imperativi ipotetici prescrivono dei mezzi in vista di determinati fini e hanno la forma del "se...devi...". 
  • l'imperativo categorico ordina il dovere in modo incondizionato, a prescindere da qualsiasi scopo, non ha la forma del "se... devi..." ma del "devi" puro e semplice. 

L'imperativo, detto anche LEGGE MORALE, può essere formulata in questo modo:

Agisci come se la tua massima possa valere come legge universale

Il che significa che puoi decidere se una singola azione può essere giudicata giusta o meno se accetteremmo che essa possa valere come legge a cui tutti debbano adeguarsi necessariamente.

La formulazione delle legge morale garantisce che la ragione pura è in grado di formulare da sola un principio di etica a priori.

3. I postulati

"Devi perché devi" implica "devi perché puoi"... l'esistenza della legge morale è dunque implicata dall'esistenza della possibilità, ovvero della LIBERTA'.

Quella libertà che a livello teoretico porta ad una antinomia della ragione e che al più può essere usata come regola, a livello pratico è un postulato, cioè qualcosa che non si può negare perché causa necessario di ciò che conosciamo con certezza (la legge morale, appunto).

Adeguarsi alla legge morale potrebbe non portare alla sua realizzazione pratica, poiché il mondo fenomenico, quello in cui devo agire, obbedisce a regole meccaniche che non necessariamente si adattano alle mie intenzioni. La morale per Kant è infatti questo: una intenzione

Ma la non realizzazione della Legge Morale potrebbe quindi portare a un paradosso: che essa potrebbe non portare alla realizzazione del cosiddetto sommo bene (ovvero la felicità). Il sommo bene non è un obiettivo della legge morale ma deve essere una sua conseguenza (felicità come conseguenza del bene). Poiché nel mondo fenomenico questo potrebbe non essere possibile allora devo postulare l'esistenza di un mondo extrafenomenico dove questo sia fattibile.

Da qui gli altri due postulati: l'ANIMA e DIO, la prima come possibilità della realizzazione del sommo bene il secondo come suo Garante.

Le tre idee della ragione teoretica, MONDO (come libertà), ANIMA e DIO, tornano qui come postulati, cioè non conoscibile ma innegabili.

4. Cielo stellato

Sulla tomba di Kant c'è una massima dello stesso Kant:

"Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me"

Il cielo stellato è il mondo fenomenico, quel mondo apparentemente infinito, meccanico, di cui mi sento tremendamente piccolo ma di cui ne sono oltre che terrorizzato anche affascinato... è niente in confronto alla libertà che scopro avere dentro di me e che mi rende più grande di quel mondo esterno che è grande, sì, ma privo di libertà.