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Galileo Galilei

Sito: Meta-Apprendisti
Corso: Apprendisti Filosofi
Libro: Galileo Galilei
Stampato da: Utente ospite
Data: lunedì, 6 maggio 2024, 03:21

1. L'autonomia della scienza

Cavallo di battaglia di Galilei è la difesa dell'autonomia della Scienza da ogni ingerenza esterna, in particolare quella religiosa e culturale del suo tempo (cioè gli aristotelici).

Contro la Chiesa

La Controriforma aveva stabiito che ogni sapere dovesse essere in armonia con le sacre Scritture (e la loro ufficiale interpretazione della Chiesa). Non era pensabile seguire la Bibbia solo per il suo messaggio morale e di salvezza. Ogni credenza, anche scientifica, che si ponesse in contrasto con essa, ne avrebbe invalido il valore e questo era intollerabile, così come affermato dal Cardinale Bellarmino del Santo Uffizio (inquisizione).

Galilei sostiene che questo indirizzo avrebbe ostacolato il cammino libero della scienza e danneggiato anche il valore morale della religione (tradotto: da uno scontro avrebbero perso entrambi) e propone, nelle Lettere Copernicane, a questa soluzione:

"Natura e Bibbia derivano entrambe da Dio. La prima come esecuzione degli ordini di Dio, la seconda come dettatura dello Spirito Santo. Quindi non possono contraddirsi. I contrasti sono apparenti e si hanno solo quando si pretende di interpretare la Bibbia come un trattato scientifico. La Bibbia ci dice come si va in cielo, non come va il cielo". Ragione e fede hanno quindi competenze diverse.

Da notare che se al tempo la posizione di Galilei poteva apparire eretica, è oggi la posizione ufficiale della Chiesa (disposta quindi a reintepretare la Bibbia a seconda delle scoperte scientifiche).

Contro gli Aristotelici

Galilei ha grande stime per Aristotele ma non per i suoi seguaci che pur di dar lui ragione rifiutano di credere anche all'evidenza. Quello degli aristotelici è un mondo di carta che poco ha a che fare con la sperimentazione e la realtà della natura. Questo tipo di approcco ostacola il sapere tanto quanto la Chiesa.

2. Le scoperte

Il campo di studi al quale Galilei ha dedicato tutta la sua vta è quello della meccanica, in particolare lo studio del moto dei corpi (dinamica).

Per Aristotele lo stato naturale di un corpo è la quiete (legge dei luoghi naturali) mentre il moto si produce solo c'è una forza che lo procura. Secondo Galilei e il principio di inerzia un corpo mantiene inalterato il suo stato (di moto o quiete) finché non ci siano forze che lo contrastano.

Aristotele credeva che la velocità di caduta di un grave dipendesse dal peso del grave. Galilei dimostra che tutti i corpi, a prescindere del loro peso, cadono alla stessa velocità.

Ma sono i suoi studi astronomici che mettono in crisi la fisica aristotelica. Con i suoi studi Galilei mostra la realtà dell'"ipotesi matematica" copernicana e lo fa utilizzando il cannocchiale:

  • macchie lunari
  • satelliti di Giove
  • macchie solari
  • fasi di Venere
  • Numerosità delle stelle

Nel 1610 pubblica il Sidereus Nuncius dove elenca queste scoperte e nel 1633 il Dialogo sopra i massimi sistemi nel quale difende le sue teorie (scritte in volgare per una massima diffusione) dal tentativo di offuscamento della Chiesa.

Questo dialogo è composto da quattro giornate in cui tre personaggi (Simplicio - l'aristotelico, Salviati - il copernicano e Sagredo - lo scienziato privo di pregiudizi che ascolta gli altri due) discutono sugli argomenti fisici che stavano a cuore a Galilei confrontando la sua l'opinione con quella degli aristotelici.

Il fatto che Galilei abbia dato il via al tutto grazie all'uso del cannocchiale non è un dato da sottovalutare: dimostra l'incontro tra scienza e tecnica che per secoli erano state separate. Non basta infatti costruire un cannocchiale (di invenzione olandese) ma va anche "usato scientificamente", cioè messo a disposizione delle teorie che il fisico con esso tenterà di mostrare.

3. Il metodo

Galilei è considerato uno dei fondatori della scienza moderna per aver impostato un metodo

Galilei più che teorizzare il metodo lo applica ma lo possiamo desumere dalle sue opere principali, in particolare dal Saggiatore (1623) dove articola il lavoro della scienza in due parti fondamentali:

  1. analitica
  2. sintetica

La prima parte consiste nel risolvere un fenomeno nei suoi elementi semplici, quantitativi e misurabili, formulando una ipotesi matematica.

La seconda parte consiste nel verificare tramite esperimento (modello) che porta poi alla formulazione di una legge.

Da qui la nota massima di Galilei: "sensate esperienze e necessarie dimostrazioni".

Nel metodo galileiano convivono quindi una parte induttiva, desunta dall'esperienza, e una parte deduttiva, quella per cui cioè l'esperienza deve confermare la legge.

Bisogna fare attenzione perché i concetto di esperienza e verifica in Galilei assumono un significato nuovo rispetto al passato. L'esperienza non è quella immediata ma il frutto di una rielaborazione matematica dei dati. L'esperienza quotidiana può infatti essere ingannevole, apparente (ed è proprio contro queste che ha dovuto combattere) e poi l'esperienza non ha nessun valore scientifico se non è legittimata dall'esperimento.

Le conseguenze del metodo sono il rifiuto di tutto ciò che in esso non può essere compreso, cioè matematicamente misurabile. Il rifiuto quindi di alcunia aspetti fondamentali della fisica aristotelice:

  • il finalismo
  • l'essenzialismo

La Natura, come già prima Pitagora e Platone avevenao sostenuto, è scritta in caratteri matematici e solo a quelli il fisico deve guardare per scoprirne le leggi.

Guardando solo ciò che è misurabile Galilei recupera anche la distinzione di Democrito tra proprietà primarie e secondarie dei corpi: le prime caratterizzano i corpi in quanto tali, le seconde esistono solo in relazione ai nostri sensi.

Galilei nutre assoluta fiducia nella validità del rapporto di causa-effetto (che Occam aveva messo in discussione) e nell'ordine cosmico immutabile come una verità geometrica. Tutto questo è confortato anche dalla credenza che conoscenza divina e umana sono simili per il grado di certezza. La sola differenza è che Dio conosce intuitivamente e l'uomo discorsivamente (per dimostrazioni) ma la qualità della certezza è identica. 2+2=4 è vero sia per Dio che per l'uomo.

Possiamo dunque definire Galilei un "realista" nel senso che sostiene una identità tra pensiero e essere, cioè la conformità tra la natura dimostrata dalla scienza e la natura quale essa è oggettivamente.