La ricerca di un principio: dalle origini alla scuola di Mileto

3. La scuola Ionica

3.2. Anassimandro

Anche Anassimandro è di Mileto (probabilmente allievo di Talete) e anche lui si è dedicato alla ricerca di questo principio originario. Il suo ragionamento è molto semplice ma dalle conseguenze importanti: se l’archè è origine di ogni cosa, allora non può essere una determinazione particolare del tutto perché non potrebbe essere causa di qualsiasi cosa diversa da essa.

Spieghiamo questo con un esempio. Affermiamo: “In questa stanza ci sono 20 persone” ma basta chiedere ad una persona presente nella stanza di uscire e il giudizio non sarà più vero. Per essere certi che un giudizio sia innegabile è necessario che dell’oggetto di cui si parli non sia modificabile e che il giudizio che si affermi non possa quindi essere contraddetto, ma c’è un unico oggetto di cui questo sia possibile: il Tutto, perché il Tutto, per definizione, non lascia fuori niente. Come possiamo dire qualcosa del Tutto? Disegniamo il Tutto come un ovale e dividiamolo a metà, quindi indichiamo una delle due parti con un predicato qualsiasi (ad esempio “essere giallo”): questa metà indica l’insieme degli enti di cui si possa predicare la proprietà “essere giallo”. L’altra metà, di conseguenza, sarà predicata dalla proprietà “essere NON giallo”:

Si mostra che la totalità degli enti G e degli enti ¬G rappresentano la totalità di tutti gli enti, e quindi se riesco ad esprimere un giudizio su un ente che comprenda sia la proprietà G che ¬G questo ente sarà proprio il Tutto che sto cercando.

Cosa hanno in comune G e ¬G?

L’idea per una risposta “logica” la fornisce Anassimando: l’unica proprietà che hanno in comune un predicato e il suo opposto è la “linea di demarcazione che li separa”, detto in termini meno “grafici” che sono entrambi determinazioni del Tutto, quindi la “determinazione” è la proprietà comune. Ogni determinazione infatti origina non solo se stessa ma anche il suo opposto. Ma cosa può essere causa di qualsiasi determinazione se non l’indeterminato?  E proprio l’indeterminato sarà dunque la causa di ogni ente e quindi il suo ordine, la sua legge, che Anassimando esprime così:

«Principio degli esseri è l'infinito (ápeiron)... da dove infatti gli esseri hanno origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità: poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo » (Anassimandro, in Simplicio, De physica, 24, 13)

Questa è la traduzione classica che si trova in tutti i libri di testo, ma poiché il principio (Archè) di Anassimandro è definito Ápeiron (senza limiti, confini) invece che infinito preferiamo tradurlo indeterminato. Perché indeterminato è coerente a quanto detto prima sulla distinzione tra Realtà e Verità: l’ápeiron di Anassimando è definito in modo negativo (a- privativa) proprio perché di esso non si può esprimere positivamente alcunché, giacché se si potesse esprimere sarebbe determinato (ogni predicato “divide” con il linguaggio il mondo in opposti determinati).

Il frammento però di esso aggiunge anche la sua legge (ciò che si realizza, nel cambiamento, per necessità) che il tutto ordina: l’indeterminato è origine e fine degli esseri (o enti) e che questo, che avviene secondo l’ordine del tempo, è necessario (e quindi eterno).