Antologia filosofica: le fonti commentate

Tutte le fonti utilizzare nel corso devono essere commentate e a farlo sono invitati gli studenti. La lettura, comprensione e commento delle fonti sono una delle palestre migliori per aumentare la competenza filosofica.

Filosofo: Galilei
Titolo: Contro l’ipse dixit
Opera: Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632)
Autore: Galilei
Fonte:

Dal Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632) - Giornata seconda 

SIMP. Io vi confesso che tutta questa notte sono andato ruminando le cose di ieri, e veramente trovo di molte belle nuove e gagliarde considerazioni; con tutto ciò mi sento stringer assai piú dall’autorità di tanti grandi scrittori, ed in particolare… Voi scotete la testa, signor Sagredo, e sogghignate, come se io dicessi qualche grande esorbitanza. 

SAGR. Io sogghigno solamente, ma crediatemi ch’io scoppio nel voler far forza di ritener le risa maggiori, perché mi avete fatto sovvenire di un bellissimo caso, al quale io mi trovai presente non sono molti anni, insieme con alcuni altri nobili amici miei, i quali vi potrei ancora nominare. 

SALV. Sarà ben che voi ce lo raccontiate, acciò forse il signor Simplicio non continuasse di creder d’avervi esso mosse le risa. 

SAGR. Son contento. Mi trovai un giorno in casa un medico molto stimato in Venezia, dove alcuni per loro studio, ed altri per curiosità, convenivano tal volta a veder qualche taglio di notomia per mano di uno veramente non men dotto che diligente e pratico notomista. Ed accadde quel giorno, che si andava ricercando l’origine e nascimento de i nervi, sopra di che è famosa controversia tra i medici galenisti ed i peripatetici; e mostrando il notomista come, partendosi dal cervello e passando per la nuca, il grandissimo ceppo de i nervi si andava poi distendendo per la spinale e diramandosi per tutto il corpo, e che solo un filo sottilissimo come il refe arrivava al cuore, voltosi ad un gentil uomo ch’egli conosceva per filosofo peripatetico, e per la presenza del quale egli aveva con estraordinaria diligenza scoperto e mostrato il tutto, gli domandò s’ei restava ben pago e sicuro, l’origine de i nervi venir dal cervello e non dal cuore; al quale il filosofo, doppo essere stato alquanto sopra di sé, rispose: «Voi mi avete fatto veder questa cosa talmente aperta e sensata, che quando il testo d’Aristotile non fusse in contrario, che apertamente dice, i nervi nascer dal cuore, bisognerebbe per forza confessarla per vera». 

SIMP. Signori, io voglio che voi sappiate che questa disputa dell’origine de i nervi non è miga cosí smaltita e decisa come forse alcuno si persuade. 

SAGR. Né sarà mai al sicuro, come si abbiano di simili contradittori; ma questo che voi dite non diminuisce punto la stravaganza della risposta del Peripatetico, il quale contro a cosí sensata esperienza non produsse altre esperienze o ragioni d’Aristotile, ma la sola autorità ed il puro ipse dixit

SIMP. Aristotile non si è acquistata sí grande autorità se non per la forza delle sue dimostrazioni e della profondità de i suoi discorsi: ma bisogna intenderlo, e non solamente intenderlo, ma aver tanta gran pratica ne’ suoi libri, che se ne sia formata un’idea perfettissima, in modo che ogni suo detto vi sia sempre innanzi alla mente; perché e’ non ha scritto per il volgo, né si è obligato a infilzare i suoi silogismi col metodo triviale ordinato, anzi, servendosi del perturbato, ha messo talvolta la prova di una proposizione fra testi che par che trattino di ogni altra cosa: e però bisogna aver tutta quella grande idea, e saper combinar questo passo con quello, accozzar questo testo con un altro remotissimo; ch’e’ non è dubbio che chi averà questa pratica, saprà cavar da’ suoi libri le dimostrazioni di ogni scibile, perché in essi è ogni cosa. 

SAGR. Ma, signor Simplicio mio, come l’esser le cose disseminate in qua e in là non vi dà fastidio, e che voi crediate con l’accozzamento e con la combinazione di varie particelle trarne il sugo, questo che voi e gli altri filosofi bravi farete con i testi d’Aristotile, farò io con i versi di Virgilio o di Ovidio, formandone centoni ed esplicando con quelli tutti gli affari de gli uomini e i segreti della natura. Ma che dico io di Virgilio o di altro poeta? io ho un libretto assai piú breve d’Aristotile e d’Ovidio, nel quale si contengono tutte le scienze, e con pochissimo studio altri se ne può formare una perfettissima idea: e questo è l’alfabeto; e non è dubbio che quello che saprà ben accoppiare e ordinare questa e quella vocale con quelle consonanti o con quell’altre, ne caverà le risposte verissime a tutti i dubbi e ne trarrà gli insegnamenti di tutte le scienze e di tutte le arti, in quella maniera appunto che il pittore da i semplici colori diversi, separatamente posti sopra la tavolozza, va, con l’accozzare un poco di questo con un poco di quello e di quell’altro, figurando uomini, piante, fabbriche, uccelli, pesci, ed in somma imitando tutti gli oggetti visibili, senza che su la tavolozza sieno né occhi né penne né squamme né foglie né sassi: anzi pure è necessario che nessuna delle cose da imitarsi, o parte alcuna di quelle, sieno attualmente tra i colori, volendo che con essi si possano rappresentare tutte le cose; ché se vi fussero, verbigrazia, penne, queste non servirebbero per dipignere altro che uccelli o pennacchi. 

[...]

SIMP. Ma quando si lasci Aristotile, chi ne ha da essere scorta nella filosofia? nominate voi qualche autore 

SALV. Ci è bisogno di scorta ne i paesi incogniti e selvaggi, ma ne i luoghi aperti e piani i ciechi solamente hanno bisogno di guida; e chi è tale, è ben che si resti in casa, ma chi ha gli occhi nella fronte e nella mente, di quelli si ha da servire per iscorta. Né perciò dico io che non si deva ascoltare Aristotile, anzi laudo il vederlo e diligentemente studiarlo, e solo biasimo il darsegli in preda in maniera che alla cieca si sottoscriva a ogni suo detto e, senza cercarne altra ragione, si debba avere per decreto inviolabile; il che è un abuso che si tira dietro un altro disordine estremo, ed è che altri non si applica piú a cercar d’intender la forza delle sue dimostrazioni. E qual cosa è piú vergognosa che ‘l sentir nelle publiche dispute, mentre si tratta di conclusioni dimostrabili uscir un di traverso con un testo, e bene spesso scritto in ogni altro proposito, e con esso serrar la bocca all’avversario? Ma quando pure voi vogliate continuare in questo modo di studiare, deponete il nome di filosofi, e chiamatevi o istorici o dottori di memoria; ché non conviene che quelli che non filosofano mai, si usurpino l’onorato titolo di filosofo. Ma è ben ritornare a riva, per non entrare in un pelago infinito, del quale in tutt’oggi non si uscirebbe. Però, signor Simplicio, venite pure con le ragioni e con le dimostrazioni, vostre o di Aristotile, e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta.

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