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Dopo guerra italiano e ascesa del fascismo

Sito: Meta-Apprendisti
Corso: Apprendisti Storici
Libro: Dopo guerra italiano e ascesa del fascismo
Stampato da: Utente ospite
Data: sabato, 4 maggio 2024, 09:05

1. Il dopoguerra

L'Italia siede tra i paesi vincitori ma la sua situazione sociale, economica e politica è a pezzi.

  • Il governo è deluso dai trattati (già Orlando, abbandonando Saint Germain, parla di "Vittoria Mutilata" per non vedersi concedere Fiume e la Dalmazia). I nazionalisti parleranno di tradimento e di debolezza del liberalismo
  • Gli ex combattenti hanno un difficile reinserimento nella società (ingrossando le fila dei nazionalisti e irredentisti)
  • L'industria bellica è da riconvertire
  • Enorme debito pubblico
  • Aumento delle aspettative sociali e politiche e grandi promesse non mantenute, come la riforma agraria promessa da Orlando dopo Caporetto
  • L'esempio Russo sobilla le richieste degli operai nelle fabbriche

Insurrezioni ovunque, nelle campagne e nelle industrie.

Nelle campagne si creano le leghe di contadini, sia bianche, di ispirazione cattolica, che rosse, di ispirazione socialista.

A nord, nel triangolo industriale, le camere del lavoro, a guida CGL, occupano le fabbriche dando vita al Biennio Rosso spesso sfociati in veri e propri soviet.

Il partito socialista si divide in massimalisti, favorevoli allo sbocco rivoluzionario di questi scioperi, e riformisti, che puntano invece all'ottenimento di migliori condizioni di lavoro.

Nel 1919 D'Annunzio, alla guida di un gruppo di volontari, occupa la città di Fiume, scatenando gli entusiasmo dei nazionalisti ma irritando Francia e Inghilterra e mettendo in imbarazzo i liberali.

Nello stesso anno vengono indette le elezioni, a suffragio universale proporzionale che dà maggior peso ai nuovi partiti di massa.

  • La maggioranza relativa  ancora in mano ai liberali ma non quella assoluta e il governo Nitti nasce già debole.
  • Al 32% arrivano i Socialisti (soprattutto al nord)
  • Al 20% il nuovo Partito Popolare fondato nello stesso anno da Don Sturzo, partito di ispirazione cristiana, il cui programma è la riforma agraria e un corporativismo sociale ispirato al rerum novarum di Leone XIII e che ha molta presa soprattutto nelle campagne del sud
  • Totale insuccesso per il Movimento dei fasci combattenti di Mussolini portatore di un programma rivoluzionario come la fine del liberalismo, suffragio universale anche femminile, 8 ore di lavoro ma anche scioglimento dei sindacati. A seguito dell'insuccesso Mussolini cambia strategia e inizia il programma delle aggressioni squadriste contro sindacati e socialisti sciogliendo molte leghe del nord attirandosi così le simpatie degli agrari e degli industriali.

In queste elezioni si assiste a uno scontro ideologico tra nazionalismo, socialismo e democrazia. PP e PSI non posso allearsi e quindi nasce un nuovo governo liberale guidato da Nitti.

Il Governi Nitti non riesce a reprimere le insurrezioni delle leghe e degli operai e si dimette a favore di Giolitti.

Nei confronti di Fiume, il nuovo premier usa la forza e l'esercito per disperdere gli occupanti e firmato con la Jugoslavia il Trattato di Rapallo (1920) che concede all'Italia Istria e Zara, Dalmazia alla Jugoslavia e Fiume città libera.

Nei confronti degli operai invece usa la concertazione, rifiutandosi di usae l'esercito come richiesto dagli Agnelli. Grazie alla concertazione di Giolitti sindacati e industriali trovano un accordo per migliorare i salari e le condizioni di lavoro. Lo sbocco rivoluzionario è scongiurato e dal partito socialista fuoriescono Gramsci, Togliatti, Terracina e Bordiga che nel 1921 fondano, a Livorno, il Partito Comunista, che aderirà alla Terza Internazionale di Lenin.

Nei confronti dello squadrismo fascista chiude un occhio, pensando di poterlo usare come braccio per i lavori sporchi salvo poi depotenziarlo quando verrà meno la sua necessità di usare la violenza.

2. Ascesa del fascismo

Nel 1921 Giolitti indice nuove elezioni per aumentare la sua base parlamentare. 

Alle elezioni il movimento di Mussolini si presenta con la forma di un partito, il PFN (Partito Fascista Nazionale) dando vita a quello che verrà chiamato Biennio Nero in cui il livello dello scontro si alza maggiormente contro l'organizzazione operaia.

Giolitti propone a Mussolini di entrare nelle sue liste, il quale accetta e che gli permetterà di conquistare 35 seggi in parlamento.

A Mussolini, con lo scopo di fermarne le violenze, viene proposto di entrare nel governo di Giolitti, ma rifiuta perché all'interno del PFN pochi avrebbero capito questa scelta.

Nel Partito Fascista sussistono infatti tre anime:

  • Sindacalismo rivoluzionario delle origini
  • Agraria, conservatrice e clericale
  • Borghesia industriale, che ha il terrore nell'influenza russa nel partito comunista

Visto l'insuccesso delle elezioni per i liberali, il posto di Giolitti al governo fu preso dal socialista Bonomi con il compito di tentare di raggiunge una pacificazione nazionale tra fascisti e socialisti. Mussolini accettò ma la decisione non fu accettata dagli altri gerarchi fascisti come Balbo, Grandi e Farinacci. Fu chiesto un congresso a Roma per mettere Mussolini in minoranza ma questi ottenne la leadership con la promessa di non scioglere lo squadrismo.

L'anima squadrista del fascismo, tra il 27/28 ottobre del 1922 organzzò una Marcia su Roma, occupando, con 50 mila uomini, ferrovie, centrali elettiche e telefoniche. Il nuovo ministro, Facta, chiede lo stato d'assedio per usare l'esercito ma Vittorio Emanuele III si rifiuta e chiama a Roma Mussolini e gli dà l'incarico di formare un nuovo governo.

il 16 novembre il governo si insedia e Mussolini pronuncia il celebre discorso del bivacco.


3. Dal 1922 al delitto Matteotti

Una volta al governo, Mussolini, si trova come ministri anche liberali, popolari e nazionalisti e quindi inizialmente deve collaborare con loro ma allo stesso tempo doveva rassicurare le frange più estreme del fascismo (per questo al discorso inaugurale tenne il discorso del bivacco).

Questa politica, detta del "doppio binario", serviva a Mussolini per: 

  • indebolire il parlamento (intimidito dalla minaccia delle azioni squadriste)
  • dare inizio a una serie di riforme radicali nel rispetto delle istitutuzioni liberali

In pochi anni, grazie a nuove leggi e all'introduzione di nuovi organi, lavrò alla fascistizzazione dello Stato.

Con la "Legge dei pieni poteri", del dicembre del 1922, arrogò al governo molte prerogative del parlamento e poco dopo istituì due nuove istituzioni:

  • Il gran consiglio del fascismo (1922): una sorta di terza camera di nominati da Mussolini con il compito di dare le linee guida al governo e di proporre leggi. Dal 1928 divenne organo di Stato.
  • La milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN)(1923): corpo che regolarizzava le squadre d'azione che aveva il compito di rassicurare le istituzioni sulle squadre, fino a quel momento senza apparente controllo, ma che allo stesso tempo fornivano al Partito Fascista una guardia armata a proprio uso e che serviva ancora di più a terrorizzare i nemici del fascismo, come Nitti (ex presidente del consiglio successore di Orlando), che dovette emigrare, Amendola e Gobetti, morti in Francia, e Don Minzoni, ucciso nel 1923.

Prossimo passo per la costruzione del regime fu la legge elettorale detta Legge Acerbo, approvata nel 1923, e da utilizzare per le elezioni dell'aprile del 1924. Queasta legge prevedeva un forte premio di maggioranza (annullando quindi quella proporzionale precedente): chi otteneva il 25% dei seggi, avrebbe avuto il 66% dei parlamentari, allo scopo di assicurare una stabilità parlamentare a chi era al governo.

Il 6 aprile, alle elezioni, i fascisti crearono la lista nazionale, comprendente anche nazionalisti, cattolici e liberali. Le forze antifasciste non riuscirono a far fronte comune e si presentarono separate. Fu un successo della lista che prese il 65% dei voti e si assicurà una maggioranza parlamentare schiacciante.

il 3 maggio, all'indomani delle elezioni, il socialista Matteotti ebbe il coraggio di denunciare alla camera i brogli e  le intimidazioni durante le elezioni e si impegnò a portarne ne prove ma pochi giorni dopo, il 10 giugno, fu rapito e assassinato (e il suo corpo ritrovato due mesi dopo vicino Roma).

Il governo di Mussolini andrò in crisi: gli alleati liberali lo denunciano, ma anche i fascisti moderati e soprattutto la stampa e l'opinione pubblica. I partiti di opposizione abbandonarono il parlamento provocando quella che viene ricordata come secessione dell'Aventino (in ricordo del ritiro dei plebei a Roma sul colle Aventino per protestare contro i soprusi dei patrizi). Si sperò in uno scioglimento del parlamento da parte del re che però non arrivò sostenendo ancora Mussolini.

Il 3 gennaio Mussolini ruppe gli indugi e con un discorso in parlamento si assunse la responsabilità dell'omicidio


4. L'Italia fascista

Il discorso sul delitto Matteotti pose fine alla politica del doppio binario e aprì la fase dell'instaurazione della dittatura.

Tra il 1925 e i 1926, mentre fuori dal parlamento si scatenano le azioni squadriste della Milizia Volontaria, vengono approvate una serie di leggi dette fascistissime, concepite dal giurista Rocco, che crearono in pochi mesi un regime accentrato e poliziesco. Lo Statuto albertino non fu abrogate ma di fatto svuotato:

  • Mussolini diventa responsabile solo davanti al Re e non davanti al Parlamento
  • Il governo ha facoltà di emanare le leggi, quindi il capo del governo conentra potere esecutivo e legislativo
  • i sindaci vengono sostituiti dai podestà di nomina governativa
  • i prefetti restano al loro posto con lo scopo di reprimere le forme di opposizione e resistenza
  • abolito il diritto di sciopero e istituita la Magistratura del lavoro con lo scopo di risolvere le controversie tra datori di lavoro e lavoratori

A seguito di un attentato alla vita di Mussolini, a Bologna, nel 1926, si colse l'occasione per aumentare le misure repressive del dissenso:

  • abolite libertà di stampa, parola e associazione
  • aboliti tutti i partiti ad esclusione di quello fascista (i parlamentare non fascisti furono espulsi dal parlamento)
  • fu ripristinata in parte la pena di morte
  • costituita l'OVRA, una polizia politica
  • e il Tribunale per la difesa dello Stato

I principali oppositori politici furono arrestati, come Gramsci, nel 1926, o costretti al confino

Accedere ai servizi pubblici o lavorare per lo Stato comportava la totale adesione al Fascismo (possedendone la tessera). Non averla significava essere antifascisti e questo comportava pesanti conseguenze.

5. L'antifascismo

La forte repressione comunque non elimintà del tutto il dissenso che continuò a resistere in altre forme. 

Alcuni scelsero di auto esiliarsi per continuare la lotta al di fuori dei confini, come Nitti (in Svizzera), Don Sturzo (in Inghilterra), Turati, Salvemini e Togliatti (a Parigi). I fuoriusciti comunisti ottennero in particolare sostegno dalla Terza Internazionale.

Una esperienza antifascista notevole fu quella di Rosselli e Lussu che diedero vita a Giustizia e Libertà, una proposta di Socialismo democratico e liberale (critico quindi sia del fascismo ma anche dello stalinismo). Nuclei clandestini di questo gruppo nacquero a Torino, Roma e Milano ma caddero vittima di numerosi agguati. I fratelli Rosselli (Carlo e Nello) furono uccisi dal'estrema destra francese su richiesta di Mussolini. 

L'unico antifascista tollerato (e quindi non clandestino) fu Benedetto Croce  il quale codeva di così tanta autorità, anche internazionale, che fu difficilmente attaccabile e potà scrivere il Manifesto degli intellettuali antifascisti, in opposizione a quello simile di Gentile, filosofo ispiratore dell'ideologia fascista e promotore di una riforma della scuola.

6. La creazione del consenso

Nel 1928 due iniziative contribuirono a svuotare il parlamento delle sue prerogative:

  • Il Gran Consiglio del Fascismo diventa organo ufficiale dello Stato
  • Una nuova legge elettorale propone agli elettori una unica lista redatta dal Consiglio e alla quale gli elettori potevano solo indicare con un sì e con un no.

Ai Fascisti venne dato il 98% dei voti. Questo sia grazie al clima intimidatorio (erano facilmente riconoscibili coloro che votavano no) sia grazie ad un avvicinamento del Fascismo alla Chiesa.

Dopo lo scioglimento del Partito Popolare, Mussolini capisce che ha bisogno dell'appoggio delle gerarchie ecclesiastiche che può ottenere mostrandosi come un valido baluardo contro il pericolo socialista.

l'11 febbraio 1929 vennero firmati i Patti Lateranensi, un concordato che stabiliva nuovi rapporti tra lo Stato e la Chiesa:

  • Il Papa Pio XI riconosce Roma come capitale d'Italia
  • Lo Stato riconosce il Vaticano come Stato indipendente
  • Lo Stato risarcirsce il Vaticano di due miliardi di lire per la Breccia di Porta Pia
  • Il cattolicesimo è la religione ufficiale dello Stato 
  • Il matrimonio religioso cattolico è riconosciuto come matrimonio anche civile
  • I vescovi nominati dal Papa dovevano prestare giuramento anche allo Stato

è la fine della laicità dello Stato raggiunta con il Risorgimento. Il cattolicesimo diventa uno dei pilastri del Fascismo e Pio XI potè chiamare Mussolini l'uomo della provvidenza

Chiesa e Stato rimasero concorrenti sul primato dell'educazione e l'Associazione Cattolica fu l'unica associazione non fascista non sciolta dal regime (con la quale perà Mussolini ebbe qualche attrito arrivando a scioglierla e decretando la reazione del Papa con l'enciclica Non Abbiamo Bisogno).

Fondamentale per la costruzione del consenso fu la propaganda per la società di massa (che non poteva essere esclusa dalla vita politica) che aveva lo scopo di trasformare tutti gli italiani in fascisti.

Mussolini fu chiamato Duce del popolo italiano e dette vita al culto della sua persona usando rivolgersi direttamente al popolo per i suoi proclami (in particolare dal balcone di Palazzo Venezia, suo quartier generale). Le sue parole d'ordine venivano scritte a caratteri cubitali sui muri (dove spesso sono visibili ancora oggi).

In questa direzione va la riforma della scuola ideata da Giovanni Gentile del 1923:

  • L'obbligo scolastico era fino alla quinta elementare (con testo unico approvato dal regime)
  • Tre anni di scuola media per accedere alle superiori oppure tre anni di avviamento professionale
  • La scuola superiore era distinta in liceo classico e tecnici/magistrali
  • Solo il Liceo Classico dava accesso a tutte le università e doveva preparare le future classi dirigenti

La scuola fu un ottimo strumento del regime per plasmare l'uomo nuovo fascista. Già l'iscrizione a scuola comportava l'iscrizione dei bambini nelle organizzazioni giovanili del regime in cui si esaltava la grandezza del fascismo e del Duce:

  • Figli della lupa (6/7 anni)
  • Balilla e Piccole Italiane (8-14) 
  • Avarguardisti e Giovane Italiane (14-18)
  • Gruppi universitari fascisti - GUF (per chi faceva l'università)

Il motto delle associazione era sempre: credere, obbedire, combattere

Dal 1931 anche i docenti universitari erano costretti ad aderire al Fascismo.

Il regime seppe costruire il suo consenso anche grazie all'uso delle nuove tecnologie: la radio e il cinema.

Dal 1925 la radio trasmetteva i discorsi di Mussolini.
Nel 1927 fu fondato l'EIAR (ente radiofonico) con il monopolio delle trasmissioni radiofoniche.

Nei cinema venivano trasmessi i cinegiornali realizzati dall'Istituto Luce con lo scopo di informare sugli avvenimento nazionali e internazionali con la consueta propaganda fascista. Mentre i film erano ancora muti, i cinegiornali avevano il sonoro.

Il Fascismo creò il Ministero della cultura popolare (MINCULPOP) che concentrò il controllo totale della cultura e dell'informazione, anche giornalistica, del paese. 

Nell'Italia fascista il ruolo della donna era molto marginale (in contrasto con quanto detto nel 1919 con la creazione dei Fasci combattenti): il suo ruolo era quello di custode del focolare e creatrice di figli della patria.L'aborto era proibito come crimine di Stato e le famiglie numerose ricompensate.

Centrale, nella cultura, fu la diffusione del mito della romanità. Dall'Impero Romano furono presi come simboli il fascio littorio (bastoni rilegati usati dai littori con il compito di proteggere i magistrati dotati di imperium) e l'aquila imperiale e il saluto romano. Il 21 aprile, anniversario della fondazione di Roma, divenne festa nazionale. Anche l'architettonica si adattò ridisegnando ampi quartieri di Roma e spazzando via molti quartieri storici di origine medievale.

7. Politica economica

La prima fase del fascismo è caratterizzata da una politica economica di impronta liberista, gestita dal liberale De Stefani che procede alla rimozione dei vincoli alla libertà di impresa istituiti durante la Grande Guerra e a massicci interventi statali finalizzati ad incoraggiare gli investimenti privati, oltre che al salvataggio di banche e industrie (Banco di Roma, Ansaldo, ecc.). Ben presto, però, l’economia italiana si trova a dover fare i conti con l’indebolimento della bilancia commerciale e l’inflazione crescente. Nella seconda metà degli anni Venti, perciò, matura la svolta dalla politica liberista a quella dirigista, con lo Stato che oltre al ruolo di garante assume anche quello di protagonista e organizzatore del ciclo economico.

Il primo atto del nuovo corso della politica economica fascista è "quota 90", la battaglia per riportare il cambio dalla cifra record di 145 lire per ogni sterlina a 90. Una scelta, questa, che se da un lato soddisfa le esigenze di prestigio politico del regime, dall’altro penalizza gli interessi economici del mondo industriale perché causa una forte deflazione e rende i prodotti italiani meno competitivi sui mercati internazionali.

Quando le conseguenze della crisi del ’29 si fanno sentire anche in Italia, il fascismo reagisce accentuando il proprio carattere autoritario, mirando ad estendere il proprio controllo su ogni aspetto della vita economica, politica e sociale. Nel 1933 nasce l’IRI (Istituto per la ricostruzione industriale), mediante il quale lo Stato concentra nelle proprie mani il controllo azionario di un gran numero di banche e imprese. Il meccanismo delle partecipazioni statali, in pratica, consente allo Stato di intervenire direttamente nell’economia arrivando perfino ad orientare e dirigere lo sviluppo. Nel 1934 viene istituito il controllo statale sulle operazioni valutarie e il divieto di esportare valuta; nel 1935 viene imposto il controllo statale sulle importazioni.

Con la guerra d’Etiopia del 1935-36, a causa della quale l’Italia subisce le sanzioni economiche da parte della Società delle nazioni, Mussolini lancia l’autarchia, cioè il raggiungimento della massima autonomia economica. Con la riforma del credito del 1936, che cancella il vecchio sistema della banca mista affidando agli istituti pubblici le funzioni di investimento industriale, lo Stato assume anche il compito di rastrellare capitali. Il potere di controllo e di programmazione statale a questo punto diventa enorme.


8. Politica estera

In politica estera, la revisione dei trattati di Versailles viene rivendicata fin dall’inizio, ma per tutti gli anni Venti Mussolini segue una linea moderata, mantenendo buoni rapporti con la Francia e con l’Inghilterra. 

Dopo il trattato di Rapallo (1920) con il quale aveva ottenuto l'Istria, l'Italia viene delusa per la Dalmazia ma nel 1924 Mussolini ottiene Fiume. Mussolini in generale cerca di estendere la sua influenza sui Balcani e punta sull'Albania che nel 1939 fu occupata e Vittorio Emanuele III ne ottenne la corona.

Nel 1925 l'Italia è protagonista nei trattai di Locarno che vedono la Germania entrare nella Società delle Nazioni.Con il passare degli anni Mussolini, sentendosi più forte, si allontana dagli alleati liberali per guardare ai nuovi fascismi nascenti in est europa (Romania, Bulgaria e Ungheria).

I rapporti con Francia e Inghilterra si rinsaldano nel 1934 a seguito dell'assassinio del cancelliere austriaco Dollfuss da parte dei nazisti e con il quale Mussolini aveva buoni rapporti e quindi mostrandosi oppositore dell'imminente annessione dell'Austria da parte della Germania, con il plauso dei liberali.

La rottura con le potenze democratiche avverrà in seguito all’intervento italiano in Africa per la conquista dell’Etiopia (1935), e alle relative sanzioni economiche comminate all’Italia dalla Società delle Nazioni. Da quel momento, l’avvicinamento alla Germania hitleriana è irreversibile: l’aiuto fornito ai falangisti durante la guerra civile spagnola rinsalda nei due Paesi il senso della condivisione di un “comune destino”; l’“asse Roma-Berlino” nel 1936, l’adesione dell’Italia al patto anti-Comintern nel 1937, il Patto d’acciaio nel 1939 sono tutti passi ulteriori sulla via dell’allineamento italiano all’esasperata aggressività della politica hitleriana. Ancor prima di portare alla catastrofe militare, questo allineamento ha un tragico riflesso sulla politica interna: con le “leggi razziali” del 1938 inizia anche in Italia la persecuzione contro gli ebrei, che vengono esclusi dall’insegnamento, dagli uffici e dalle scuole pubbliche, e a cui sono vietati i matrimoni con i non ebrei.

L'Impero italiano si estendeva adesso sui Balcani (Albania) e in Africa (Eritrea, Etiopia, Somalia, Libia). In tutti questi territori, soprattutto quelli africani, il fascismo mostrò forse la sua faccia più feroce. In Libia, conquistata nel 1911 ma mai pacificata, l'esercito di Graziani condusse una guerriglia spietata, affamando e uccidendo intere popolazioni