Le scienze teoretiche

2. La Filosofia Prima

La prima delle scienze teoretiche, almeno in senso logico, è la, per l'appunto chiamata così, filosofia prima, definita:

"scienza dei principi primi di ogni scienza".

L'oggetto di questa scienza è l'essere in sé, quindi la determinazione dei principi dell'essere. Viene da sé che se dell'essere conosco dei principi questi:

  • Sono necessariamente veri (non possono essere negati, in quanto non c'è altro, oltre all'essere, che possa negarli)
  • Valgono per qualsiasi scienza giacché qualunque sia l'oggetto di una scienza particolare, essa parlerà anche dell'essere

Talvolta questa scienza viene chiamata metafisica. C'è da dire che questo termine non è di Aristotele ma di uno dei suoi commentatori che, riordinando i suoi appunti (vedi il problema dei testi esoterici di Aristotele), ordino prima i testi di fisica e poi quelli della filosofia prima che, in questo caso, li chiamò quelli "dopo la fisica". Metafisica significa semplicemente questo: "dopo la fisica" che però può essere letto anche in un altro modo, e cioè: oltre la fisica, cioè oltre il mondo sensibile. Il termine ha avuto molto successo e viene oggi applicato senza problemi anche ai predecessori di Aristotele stesso, come Platone e Parmenide.

Quanti e quali sono i modi di parlare dell'Essere? Aristotele ne indica diversi, tra cui ricordiamo:

  • Essere come vero
  • Essere come categorie e Sostanza
  • Essere come atto e potenza
  • Essere come le sue quattro cause
Essere come vero

Dell'Essere, come accennato sopra, non si può che dire qualcosa di vero (e necessariamente vero). Un principio questo che ci portiamo fin dai primi fisici e in particolare da Parmenide. Per questo, appunto, le scienze teoretiche sono le uniche dimostrative.

Il principio fondamentale dell'Essere, quindi, sarà il principio di Non-Contraddizione (vedi la logica):

"Non può essere che A e non-A siano entrambi veri" -(A e -A)

oppure

"O A è vero o A è falso, tertium non datur"

detto anche principio del Terzo Escluso.

Essere come categorie

Già dal primo principio, quello di non contraddizione, intuiamo che c'è una grossa attinenza tra logica e Essere. La logica rappresenta il nostro modo di pensare, le regole dell'intelletto, ma anche le regole dell'Essere, quindi della realtà in sé. Che tradotto in termini gnoseologici è anche per questo che dell'Essere posso produrre una conoscenza per intuizione intellettuale, e non necessariamente passando per l'esperienza (come per le altre scienze) e il ragionamento induttivo (vedremo più avanti la gnoseologia aristotelica).

Ogni cosa che esiste, dunque, secondo la logica, può essere pensato per categorie (come termine). Tutte le categorie sono accidentali ad esclusione della Sostanza che è, invece, necessaria - non posso pensare infatti un ente se non penso prima come esistente.

Essere come Sostanza

Di tutte le categorie solo una è necessaria ed è la categoria di sostanza. Non posso pensare qualcosa se prima non lo penso come esistente.

Cosa rende esistente un ente? Secondo Aristotele non solo la sua pura forma (che chiama anche essenza o sostanza seconda) ma anche la sua materia, cioè esistere nel tempo e nello spazio.

La sostanza dunque è per Aristotele è un sinolo cioè un ente dotato sia di materia che di forma (chiamato anche sostanza prima).

Essere come atto/potenza

Quello dell'atto/potenza è il principio che giustifica, di ogni ente, il movimento, il passaggio da una forma all'altra.

Ogni cosa che cambia (un movimento, una trasformazione etc) deve avere in sé le ragioni per farlo, o meglio, le possibilità. Ogni movimento dunque deve presupporre una potenza. Detto in altri termini ogni cambiamento è un passaggio dalla potenza all'atto.

La potenza Aristotele la identifica con la materia di cui è composto un ente. Cioè la materia viene ad essere la causa intrinseca del movimento (tutto ciò che si muove è composto da materia, di conseguenza chi è privo di materia non si muove) e nella materia di un ente, in potenza, vi sono tutte le possibilità del suo cambiamento, cioè tutte le possibili forme che quella materia può assumere. In atto ne sarà però, in ogni singolo tempo, solo una.

Essere come quattro cause

Aristotele scriveva che per conoscere qualcosa non basta sapere come è ma sapere perché è, cioè conoscere tutte le sua cause. Di ogni ente le cause sono quattro, due statiche e due dinamiche:

  • CAUSE STATICHE: causa formale e causa materiale
  • CAUSE DINAMICHE: causa efficiente e causa finale

Ogni cosa che è, è quella che è ovviamente per la sua sostanza e quindi per la sua forma e materia di cui è composta. Queste sono dette anche cause interne o implicite.

Ma ogni cosa che è, per essere in atto quello che era in potenza, necessità di essere spiegata anche per cause esterne all'ente stesso e a questo servono le cause dinamiche:

la causa efficiente, intesa come "motore"; la causa finale, intesa come fine

Se prendiamo come esempio un oggetto come "la statua di Marco Aurelio": la causa materiale è il marmo, la causa formale è la forma di Marco Aurelio, la causa efficiente è lo scultore, la causa finale è il perché ha dato al marmo la forma che aveva in potenza di Marco Aurelio e potrebbe essere il fine di porre quella statua in un luogo pubblico perché tutti potessero contemplare la grandezza dell'imperatore romano.

La teologia

Mettendo insieme vari principi della filosofia prima, Aristotele arriva a formulare una delle dimostrazioni più importanti della sua metafisica, l'esistenza dei motori immobili.

I principi da tenere in considerazione sono: Il sinolo, l'atto/potenza, le cause dinamiche.

Ipotesi: esiste il movimento

Se esiste il movimento, ovvero il passaggio dalla potenza all'atto, ogni ente deve essere dotato di materia, condizione della sua trasformazione e questo movimento deve essere mosso da qualcosa d'altro: ogni movimento, quindi, è mosso da un motore (per il principio della causa efficiente).

Un motore è però a sua volta un movimento, e per gli stessi motivi di cui sopra, deve essere mosso da un altro movimento.

Se ogni movimento ha bisogno di un movimento per essere motore di un altro movimento, si regredisce all'infinito. Ma se regredisco all'infinito il movimento iniziale non c'è e mancando il movimento del motore iniziale non esiste nessun movimento. 

Quindi, 

deduzione uno: se esiste il movimento, deve essere un motore primo.

deduzione due: il motore primo, per essere tale, non deve a sua volta muoversi, altrimenti necessiterebbe di un altro motore e non sarebbe primo. Ergo: il motore iniziale deve essere immobile.

Deduzione finale: Se esiste il movimento deve essere per il primo motore immobile.

Ma come può un motore essere immobile? Per il principio dell'atto/potenza non deve avere in sé, in potenza, nessuna trasformazione. Quindi deve essere SOLO atto. Questo è possibile, per il Sinolo, solo se questo motore è solo forma senza materia. Per il principio delle quattro cause, allora, il primo motore immobile NON è causa efficiente ma è solo CAUSA FINALE.

Il motore immobile, risolve Aristotele, è quel motore forma pure che attira verso di sé il movimento di tutto ciò che è composto di materia e che deve necessariamente esistere per dare movimento a tutto ciò che è composto di materia e che, esistendo, dà movimento incessante a tutto (cioè tutto ciò che è composto di materia non solo si muove, ma non può non muoversi).

Possiamo immagine il motore immobile una sorta di intelletto cosmico che dà ordine al tutto e che permette ad ogni ente di tendere a realizzarsi nella sua forma (entelechia). 

Possiamo collegarlo al Nous di Anassagora ma anche nella versione cristiana di Dio, intelletto che dà ragione all'esistenza e alla trasformazione del tutto (non a caso questa argomentazione di Aristotele sarà poi ripresa da quasi tutti i filosofi scolastici medievali per dimostrare l'esistenza di Dio). Il motore immobile di Aristotele non ha però niente a che vedere come l'immagine moderna di Dio, tantomeno con la sua unicità perché di Motori immobili Aristotele ne identifica fino a 55 diversi, tante quanto sono le volte celesti.

Aristotele stesso però chiama la branca della filosofia prima che si occupa del motore immobile: teologia che alla lettera significa "studio di Dio". Questo perché teos, in greco, identifica come divino tutto ciò che è immortale e il motore immobile, essendo privo di materia, è incorruttibile e quindi per sua natura immortale.