La scuola di Elea

4. La "Terza Via"

Già Parmenide, nel suo poema, ci parla di una “terza via”, ovvero una terza possibilità (tra la via dell’essere e la via dell’apparenza) che egli chiama della doxa plausibile. Non è chiarissimo cosa egli intenda con questa espressione ma confrontandolo con i filosofi successivi si può ipotizzare una sorta di via della “apparenza di cui si può affermare qualcosa di vero”.

Un ragionamento a questo proposito può essere di questo tipo:

  1. Tutto ciò che esiste lo è in virtù dell’essere

  2. Perché io possa giudicare qualcosa dunque, devo prima affermarela sua esistenza: “S è P” solo se “S è”

  3. “S è P” è, secondo il ragionamento iniziale di Parmenide (relativo alla via dell’essere), un giudizio che esprime un predicato apparente (e quindi falso), ma qui affermiamo che esso dipende da un giudizio che invece contiene qualcosa di vero, e cioè “S è”.

  4. Detto in termini semplici: tutto ciò che appare, appare perché è e quindi deve esserci ell’essere qualcosa che fa sì che appaia in un certo modo e non in un altro. Deve esserci anche nelle apparenze qualcosa che fa sì che siano in un certo modo (anche se, appunto, solo apparenze)

  5. Deve esserci nell’essere un qualche principio, immutabile, che rappresenti diversi modi di apparire dell’essere.

Parmenide, non dice molto, per cui possiamo cercare questi principi nei filosofi a lui successivi, i cosiddetti filosofi pluralisti.