Umanesimo e Rinascimento

Nella sua opera del 1486, Oratio de hominis dignitate, Pico della Mirandola immagina Dio come un pittore che, disegnando su una tela l'universo, mette tutto quello che serve e al posto giusto. Quando la tela è completa si avvede però che manca qualcosa. Non nella tela, ovviamente, in quanto Dio non si dimentica niente per renderla completa ma "fuori" della tela: manca lo spettatore. Per questo immagina l'uomo: per avere qualcuno in grado di comprendere la sua opera. 

In questa immagine ci sta tutta la potenza della nuova immagine che l'uomo ha di sé: qualcuno che è in grado di comprendere il cosmo e le sue leggi, di scegliere, in questo "ordine" quale ruolo assumere (a differenza di un Adalberone per il quale i ruoli negli ordini erano prestabiliti) e quindi rimarcando tutta la sua libertà data dalla propria intelligenza.

Perché quest'uomo nuovo, adesso, nella Storia? Non c'è un'unica interpretazione, ovviamente, ma semplificando possiamo ricordare che il XIV e soprattutto il XV secolo sono i secoli della definitiva consacrazione di una nuova classe sociale, quella dei mercatores, che ha già scardinato il sistema economico curtense e che, soprattutto in Italia, ha rivendicato il proprio ruolo primario nella nuova vita economica delle città. I mercatores, e più in generale la nuova classe abitante i borghi, i comuni e le città, hanno bisogno di una cultura nuova che giustifichi il loro pretendere di avere un ruolo decisivo come guida pubblica per la salvaguardia anche dei loro interessi. 

C'è dunque un ampio recupero dei testi degli antichi (depurati quando necessario) dalle interpretazioni in chiave cristiana e soprattutto dei filosofi greci che hanno avuto l'uomo e la sua dignità come argomento centrale. 

Tra questi Platone che, con la sua Repubblica, rimarca come alla guida della città (che sembra essere, in ottica italiana un richiamo alla "nuova polis" comunale) debbano esservi uomini che non siano etichettati come i migliori (aristoi) perché "figli di" ma perché dimostrano, attraverso l'istruzione, di esserlo davvero. Oppure Aristotele che nel suo trattato de La politica raccomanda agli uomini liberi di occuparsi della cosa pubblica per preservare la propria libertà.

Ricordiamo a tal proposito il detto di Bernard de Chartres: "siamo come nani seduti sulle spalle dei giganti", secondo il quale, nonostante la nostra piccola statura nei confronti dei giganti dell'antichità, sedendoci sulle loro spalle possiamo vedere più lontano.

Umanesimo viene infatti da "humanae litterae" che ricorda il recupero della letteratura che ha avuto il merito di esaltare l'uomo e la sua libertà.

Evidente che se parliamo di medioevo come età di mezzo è da adesso che ne se ne può parlare identificando un momento storico che "sta in mezzo" tra due periodi "illuminati" (antichità e umanesimo).

Di questo lungo periodo che va dalla seconda metà del XIV alla prima metà del XVI secolo, nato in Italia ma sviluppatosi, in seguito, anche in buona parte d'Europa, meritano di essere ricordati alcuni fattori, tutti più o meno collegabili a questa introduzione:

  • arte: mecenatismo e prospettiva
  • maestri e università
  • scienza e tecnologia
Arte

Il rinascimento è universalmente ricordato come il secolo in cui una pletora di artisti, tra i migliori della storia, si sono "dati appuntamento" in luoghi ben precisi per dare vita a uno dei momenti più felici della storia, artisticamente parlando. Spiegare il perché a Firenze o Roma, nel XVI secolo vi fossero concentrati i migliori geni dell'arte mai visti è come spiegare perché in alcuni paesi (Italia, Germania, Inghilterra, Brasile) vi siano i giocatori di calcio più forti del mondo e in altri, seppure molto popolosi, come gli USA, no! Dipenderà da quanto una attività è universalmente praticata, accettata, bramata. Essere artisti (ma ancora prima, artigiani) a Firenze, nel XV secolo era non solo una attività comune, praticata praticamente da tutti, ma anche, soprattutto nella seconda metà del secolo, bramata perché fortemente redditizia, se non di soldi sicuramente di fama.

Sul perché l'arte sia non solo importante ma fondamentale nella vita pratica delle città comunali italiane lo capiamo se prendiamo ad esempio la capitale del rinascimento, Firenze e in particolare una massima di un suo patrizio, Giovanni Rucellai, uno dei primi mecenati, che disse: "per me, per la città e per Dio".

Sappiamo che il mercante era, nella mentalità ancora medievale ma sopravvivente nel XIV secolo, un peccatore fino anche mortale: il mercante vive senza lavorare ma anzi sfruttando il lavoro altrui senza essere un signore, vende a prezzi più alti di quello che ha pagato delle merci (quindi è un ladro), se prestatore di denaro è anche un ladro nei confronti di Dio (ladro del Tempo), ma soprattutto è sovvertitore dell'ordine che Dio ha dato agli uomini nella Chiesa - intesa come comunità cristiana. Come reinterpretare tutto questo al fine di "reintegrare" l'uomo agli occhi degli uomini timorati di Dio? 

Prima di tutto "restituendo" il maltolto a Dio: da qui le commesse che già le corporazioni fiorentine davano ad artisti ed artigiani per abbellire i luoghi sacri della città divenendone di fatto delle protezioni. Usare soldi delle corporazioni, e quindi dei suoi associati per abbellire le chiese con affreschi e statue significava restituire i soldi a Dio e alla Chiesa anche in funzione didattica (in un'epoca dove la stragrande maggioranza della popolazione era analfabeta la funzione della pittura è anche e soprattutto educativa).

Destinatari dell'arte però non sono solo le Chiese ma anche i palazzi pubblici e anche privati (nel caso dei mecenati privati come lo stesso Rucellai): a diffondere l'idea che i mercanti, in generale i borghesi ricchi, se lo sono è grazie alla loro intelligenza e che, anche per questo motivo, sono pronti a mettere a disposizione il frutto della loro fatica, alla città tutta.

La ricchezza non viene più bandita ma si recuperano passi del vangelo come "il povero chieda e il ricco dia" che già Tommaso d'Aquino ricorda va letto come: il ricco è peccatore solo se avido, ma quando si prodiga per il bene della città e dei suoi concittadini è anzi una risorsa.

Sia in pittura che in scultura viene introdotta la tecnica della prospettiva. Il perché di questo non è dato solo dalla "scoperta" di questa tecnica (le scoperte non sono mai casuali) ma data da una necessità artistica coerente con quello detto sopra: lo spettatore deve entrare dentro l'opera, deve essere calcolato in uno "spazio" in cui l'opera si trovi. Entrando nelle cappelle rinascimentali la sensazione di entrare in contatto con tutte le opere che si trovino al suo interno (scultoree e dipinte) è inevitabile. 


Ultime modifiche: mercoledì, 4 marzo 2020, 07:30