Introduzione: cos'è la Storia

A cosa serve?

Quando poniamo questa domanda in una classe, magari il primo giorno di lezione, il pubblico resta di solito in silenzio (per non rispondere male, forse) oppure si limita a un timido: “per sapere cosa è successo!”. Premesso, come diremo più volte, che in storia è difficile parlare di fatti, a queste affermazioni rispondiamo con altre domande: “Quando lo abbiamo saputo, cosa ce ne facciamo di queste informazioni? Perché tanta fatica nel recuperare dati se poi non sappiamo che farci?”.

Per raddrizzare la conversazione e non far sembrare lo storico come un collezionista di dati come di farfalle, proponiamo sempre una definizione che credo che in una frase racconta tutto quello che di interessante ci sia nella storia “La storia è il cercare risposte nel passato a interrogativi che si pongono nel presente[1].

Questa definizione ci rimanda a varie questioni intorno alla storia:

  • la prima è che la storia non è qualcosa che riguarda il passato ma il presente.
  • la seconda è che la storia è interpretazione e che cambiando le domande che dal presente si formulano si possono restituire risposte diverse;
  • la terza, collegata alla seconda, è che la storia non è mai fissata per sempre ma è un racconto che muta con il mutare delle condizioni, fatte salve le acquisizioni delle fonti;
  • la quarta è che la storia non fornisce risposte, ma letture del passato e un modello concettuale per rispondere alle domande. Detto meglio: le risposte che gli storici la storia forniscono derivano dalla rilettura, metodologicamente corretta, di una documentazione acquisita ma fatta con gli occhi del presente.

Storia: scienza umana?

Talvolta una possibile risposta a cosa sia la storia è “qualcosa che serve a non commettere gli stessi errori del passato”, quindi una sorta di traduzione di magistra vitae degli antichi. La risposta rimanda a una questione etica molto vecchia ma sempre attuale. È facile obiettare che nel tempo la storia è una pessima maestra perché gli errori che gli uomini hanno commesso sono spesso ciclici e ripetitivi. Ma ugualmente potremmo fare notare che anche il concetto di errore è relativo e rimanda all’etica che dipende a sua volta da fattori culturali che cambiano nel tempo. Paradossalmente, però, questo ci suggerisce che, forse, pur cambiando latitudini, usi e costumi nella natura umana c'è qualcosa di simile per cui possiamo dedurre relazioni di causa/effetto dai freddi dati (fonti) - che interrogati si trasformano in fonti storiche - perché partiamo dall’idea che, essendo la natura umana immutabile, altri uomini di fronte a certi eventi, problemi, decisioni da prendere, si comporterebbero probabilmente come noi immaginiamo plausibile.

Cosa non è la Storia?

Abbiamo iniziato con una domanda retorica per mostrare che positivamente nessuna risposta sarà abbastanza completa e allo stesso tempo concisa da stare in un’introduzione. Proseguiamo con un’altra domanda apparentemente simile: “cosa non è la storia?”. Risponderemo dicendo che non è quello che buona parte delle persone che non se ne occupano (e quindi anche gli studenti) credono: un elenco di fatti.

I fatti nudi e crudi, filosoficamente parlando, non esistono neppure quando li abbiamo sotto gli occhi, figuriamoci quelli passati. Al più possiamo avere interpretazioni e queste non possono tra l’altro che formarsi sulla base di fonti che sono facilmente male interpretabili, faziose, incomplete, indirette e spesso involontarie.

Ciò nonostante ci ostiniamo a studiare la storia come fosse una scienza e ci chiediamo come questo sia possibile.

In qualsiasi scienza, infatti, non sono i dati ad essere importanti, non quanto i modelli teorici dentro i quali questi dati vengono “incastrati”. Modelli che forniscono linee guida e punti di riferimenti per interpretare nuovi dati qualora si presentassero: modelli per leggere il presente e prevedere il futuro, in un certo senso. Se la storia è una scienza dovrà fare più o meno lo stesso. Proviamo a capire come.

I significati del termine “storia” e “storiografia”

Chiedersi “che cosa sia la storia” non può esimerci da una riflessione puntuale e costante sul significato del termine “storia”. L'etimologia della parola risale al greco historia (da historéoe significa “indagine, investigazione, ricerca”[1]. Pertanto historiografòs, lo storico, è colui che indaga, investiga, ricerca. Chiarita la derivazione etimologica, possiamo capire meglio la distinzione tra storia intesa come res gestae, cioè come il racconto di fatti accaduti nel passato e la historia rerum gestarum, cioè come scienza che racconta ciò che del passato è stato possibile ricostruire in base ai documenti a noi pervenuti[2]. Questa distinzione, tanto cara a Croce, non è condivisa da tutti gli studiosi che sottolineano come nel termine “storia” siano compresi ambedue i significati: gli eventi del passato da un lato e i racconti degli stessi dall'altro. A noi piace la teoria crociana, anche perché ci permette di capire il motivo per il quale di “storia” si possono dare tante definizioni (esempio la storia come “narrazione di fatti” di G. Humboldt o come “scienza dell'uomo nel tempo” di M. Bloch), ognuna delle quali corrisponde ai diversi punti di vista che lo storico ha su di un determinato argomento.

Questa pluralità di punti di vista è ciò che chiamiamo “storiografia” che è fondamentale nello studio della storia, perché consente allo studente di maturare una coscienza critica e una propria visione dei fatti storici. Il richiamo esplicito alla storiografia è importante perché fa comprendere come la storia non è “scritta per sempre”, ma “si evolve con la civiltà degli uomini e con gli avvenimenti che segnano la loro esistenza”[3]. È questo il compito che spetta al docente di storia: far capire agli alunni che anche la storia gode di una sua validità scientifica pur non essendo “scritta per sempre” (come d’altra parte nemmeno nelle scienze i dati che si studiano sono scritti per sempre, basti pensare al concetto di “massa” nella teoria meccanicista di Newton e il quella relativista di Einstein - non sono solo le formule a cambiare, ma anche gli oggetti di cui parliamo mutano significato).

Cos’è un fatto storico?

Quando facciamo notare che se accettiamo la definizione che la storia sia un “elenco di fatti” si pone il non da poco problema di decidere quali siano i fatti che meritano di essere ricordati o raccontati e sovente si risponde: “quelli importanti!”. Ma chi decide cosa sia importante o meno? Ecco che torniamo alla definizione di cui sopra: quello che risponde a un interrogativo del presente o che comunque serve a creare un modello che ne fornisca una risposta. In poche parole: è lo storico che decide. Nell’esempio abusatissimo del passaggio di Cesare sul Rubicone, è lo storico ad aver deciso che, dal suo punto di vista, il passaggio in questione è più importante di tanti passaggi compiuti da milioni di individui prima o dopo Cesare.

Non tutto ciò che accade è di importanza per lo sviluppo storico ma non è detto che un dato che non è importante per una interpretazione non lo sia per nessuna. Facciamo un esempio: è importante sapere di quante portate fosse la colazione di Luigi XVI? Se analizzo le cause della Rivoluzione Francese come conseguenza di una crisi finanziaria forse no, eppure può accadere che il numero di queste portate può suscitare l'interesse di altri storici e diventare oggetto di interpretazione. L'essere considerato o meno un fatto storico è solo una questione di interpretazione. Alcuni fatti, eventi, documenti, immagini presi singolarmente non hanno alcuna valenza storica; compito dello storico e anche dell'insegnante è quello di analizzarli, contestualizzarli, interpretarli, giudicarli.


[1] Cfr. Erodoto, Storie, I, I e 2, 118, 119.

[2] Cfr. B. Croce, Teoria e storia della storiografia, Laterza, Bari 1963.

[3] Cfr. G. Lefebvre, Riflessioni sulla storia, Editori Riuniti, Roma 1976.



[1] “Ogni vera storia è storia contemporanea”, da Benedetto Croce, Teoria e storia della storiografia, Adelphi, 2001


Ultime modifiche: domenica, 16 settembre 2018, 17:03